… e i segnali che vi dà
Semaforo verde o rosso?
La gestione dei segnali forniti dal corpo è parte del bagaglio tecnico dell’atleta, ma alcune indicazioni di massima possono essere tenute presenti da tutti per interpretare al meglio la propria condizione fisica. Nell’ampia panoramica dell’infortunistica e dei sintomi che possono anticiparla, ci sono delle situazioni per le quali è opportuno concedersi una pausa più o meno prolungata, con motivazioni che sono spesso diverse. Vediamo di capire quando è necessario uno stop dalla corsa, mantenendo comunque alto lo stimolo allenante di tipo cardiovascolare, importante ai fini del migliore e più veloce recupero prestativo, con la pratica della bici e del nuoto.
Il legame con l’età
Per un atleta che si dedica da tempo a un’attività come il triathlon la possibilità di fermarsi per un discreto periodo in relazione a eventi di carattere infortunistico è tanto meglio gestibile quanto più giovane è la sua età. È più facile fermarsi e riprendere per un giovane, mentre nei casi di atleti over le pause devono essere decise con attenzione, riservando le soste prolungate a infortuni che richiedono effettivamente tempi lunghi di guarigione.
A cosa fare attenzione?
Ci sono situazioni nelle quali condizioni di affaticamento generale o psichico possono essere causa di infortuni più o meno gravi: sta alla sensibilità dell’atleta, andando al di là di uno spirito di sacrificio talvolta vano, capire come diminuire o sospendere momentaneamente il carico allenante. Credo che una delle doti che distinguono un buon atleta sia proprio quella di saper ascoltare le sensazioni del proprio corpo, prima, durante e dopo l’impegno fisico. Una qualità non da tutti, che può essere gestita per dosare l’allenamento e l’impegno da profondere in quel determinato momento. Ecco allora che alcune sensazioni possono essere analizzate, selezionate, catalogate per avere un quadro psicofisico aggiornato.
Tempi biologici di guarigione
Vanno rispettati. I processi riparativi richiedono tempo per sanare un danno e affrettare il recupero vuol dire creare i presupposti per ricadute, recidive, mezze guarigioni che risultano alla fine inconcludenti. In realtà ci sono poi alcune patologie di carattere cronico, spesso su base biomeccanica, che non trovano grande giovamento da pause prolungate, mentre il miglioramento del principio motorio alterato può essere risolutivo, anche se non in tempi brevissimi. In sintesi, dove possiamo arrivare a guarigione attraverso un’importante risposta infiammatoria foriera di processi riparativi, è opportuno concedersi una pausa interlocutoria. Dove, invece, la patologia risulta cronica, la via verso la guarigione passa attraverso una strategia mirata a togliere lo stress anomalo, senza necessariamente sospendere la pratica.
Tipi di infortuni:
È sempre difficile, e per certi versi rischioso, generalizzare il recupero, perché la specificità dell’infortunio è sempre alta: vediamo comunque, per grandi capitoli, la tempistica.
Le più importanti riguardano:
- Lo stato di affaticamento generale in relazione alle distanze percorse, ai ritmi sostenuti e all’allenamento precedente. Un parametro oggettivo può essere quello legato alle pulsazioni cardiache che faticano a salire. L’età è una variabile da non trascurare: gli anni allungano i tempi di recupero e quindi la gestione dell’allenamento deve essere attenta, alternando il lavoro muscolare a quello più tipicamente aerobico: un sistema corretto è quello di dare spazio a fasi fisiologicamente anaboliche a impegno modesto, di rigenerazione del muscolo, dopo quelle tipicamente cataboliche, conseguenza di impegni di quantità o qualità.
- Le sensazioni di dolore o indolenzimento di alcuni distretti muscolari e/o tendinei sono parametri soggettivi, in quanto la capacità di sopportare è diversa da individuo a individuo. Una contrattura iniziale del muscolo può, ad esempio, essere un’avvisaglia di una potenziale lesione muscolare. In questi casi la prudenza è sempre una via saggia: se il fastidio iniziale può infatti scomparire completamente con un giorno di riposo, le conseguenze di un danno muscolare possono protrarsi per mesi. I dolori nella fase di riscaldamento sono frequenti. Se articolari possono essere comprensibili e di poco rilievo, se tendinei sono più insidiosi. Alcune patologie dei tendini fanno il loro esordio con un dolore solo mattutino o che si avverte nella fase iniziale dell’esercizio atletico; l’evoluzione porta poi a un dolore più continuo e poco sopportabile, che limita di molto la capacità prestativa. Meglio quindi fermarsi ai sintomi iniziali.
Tempi di recupero
- Negli infortuni muscolari lo stop può aggirarsi, in media, intorno alle due settimane. Ovviamente, il distretto anatomico colpito può far cambiare la strategia. Se una lesione muscolare del polpaccio può richiedere uno stop superiore anche al mese, lesioni di vario grado della muscolatura flessoria della coscia possono permettere una corsa lenta già dopo dieci giorni. Il monitoraggio ecotomografico del muscolo può essere, in alcuni casi, fondamentale per recuperare nel modo migliore.
- Gli infortuni tendinei hanno grande variabilità di recupero e in certe situazioni la guarigione può realizzarsi anche dopo 4-5 mesi. Non per questo lo stop deve durare tutto questo tempo, anzi, molto spesso un’attività a parziale impegno può aiutare a guarire meglio, influendo positivamente sul mantenimento delle caratteristiche elastiche del tessuto.
- Gli infortuni da eventi traumatici, come le distorsioni, prevedono una fase di stop completo, un’eventuale immobilizzazione articolare fino a venti giorni e un periodo rieducativo, con tempi variabili in relazione al danno subito.