Riprendiamo dalla lettera di un nostro lettore pubblicata nel numero precedente
Mi sono sempre chiesto se vi sia un approccio alimentare differente fra le tre specialità del triathlon, ovvero se si debba prevedere un’alimentazione in gara diversa tra nuoto, bici e corsa, o se i principi di base valgano per ciascuno dei tre sport. La mia domanda non riguarda solo l’alimentazione in gara ma anche quella quotidiana. Vorrei da lei un’indicazione scientifica a questo mio quesito. Davide – Padova
Risponde Luca Speciani – www.dietagift.it; info@lucaspeciani.it
Chiarito che per dimagrire non serve controllare le calorie, ma bisogna lavorare sulla qualità, sugli orari, sulle composizioni dei pasti e naturalmente sul movimento fisico, così risponde Luca Speciani: Ciò che conta non è l’apporto calorico di un cibo ma la sua capacità di indurre effetti biologici sul nostro organismo. Un litro di olio extravergine ha più o meno le stesse calorie di un litro di gasolio, ma l’effetto biologico sul nostro organismo è completamente diverso, come ciascuno di noi può facilmente immaginare. L’esempio sembra paradossale, ma chi di noi conosce la differenza tra le 30 kcal di un gambo di sedano e le medesime di un caffè zuccherato? Il primo si pareggia con il costo masticatorio dello stesso, il secondo genera invece uno sbalzo glicemico violento, con coinvolgimento dell’insulina e immediato stimolo all’ingrassamento. Chi vuole dimagrire deve tenere conto di queste dinamiche molto più che delle calorie.
- Perdite muscolari
La regolazione dell’accumulo o del consumo di grasso nasce a livello dell’ipotalamo, un pezzo molto importante del nostro cervello più antico, che fa da integratore di informazioni e da generatore di comandi attraverso la nostra rete neuroendocrina, indirizzando i nostri organi (tiroide, surrene, gonadi) e anche l’apparato osteomuscolare verso un maggiore o minor funzionamento. I segnali a cui l’ipotalamo risponde sono gli stessi a cui rispondeva l’uomo primitivo, sempre attento a risparmiare energia. Dunque un eventuale regime ipocalorico (letto dal cervello come una carestia) segnala all’ipotalamo l’impossibilità di costruire massa muscolare, per non sprecare energie, e l’atleta si trova nel giro di poco tempo demuscolato. Lo sportivo non può permettersi una dieta ipocalorica. Mai.
- Durante la gara
Sotto sforzo le cose cambiano a seconda dello sport praticato. Chi corre deve sottoporsi a uno sforzo cardiaco piuttosto elevato (anche 170-180 bpm), che rende minime le possibilità nutrizionali. Chi nuota non può nutrirsi in alcun modo, anche per motivi logistici. Chi pedala si trova invece in una situazione di minor impegno cardiaco istantaneo, e ha dunque una maggiore possibilità di integrazione. Più alto è l’impegno cardiaco, insomma, meno il nostro apparato digerente è in grado di processare degli alimenti. L’altra variabile è la lunghezza del tragitto. Un’uscita di un’ora è ben diversa da una prestazione da 8-10 ore. Per non commettere errori in gara, dunque, prima di tutto va capito cosapossiamo o non possiamo mangiare. Il nostro organismo possiede (se le scorte sono piene) una disponibilità di zuccheri tra fegato e muscoli (sotto forma di glicogeno) pari a circa 30 kcal per kg di peso. Diciamo dunque che un adulto parte per l’allenamento o per l’escursione con circa 2.000 kcal zuccherine disponibili. Inoltre, ciascuno di noi dispone di scorte di grassi pressoché illimitate (150.000 kcal per un individuo magro), che tuttavia non possono essere utilizzate se non accompagnate da zuccheri. Un allenamento di durata deve dunque prevedere un consumo contenuto delle scorte zuccherine, sfruttando anche le scorte lipidiche. Ciò avviene se l’andatura è lenta. Se l’impegno cardiaco aumenta il consumo di zuccheri sale, e si può andare incontro a un precoce esaurimento. Il fattore che limita maggiormente la prestazione dunque (a meno che l’uscita sia molto breve, per esempio inferiore alle due ore di impegno) è la disponibilità di glucidi: in quel caso un’integrazione zuccherina può dare dei benefici, ricordando che sotto sforzo non vi è rischio di picco glicemico, come invece avviene se si assumono zuccheri mentre si è seduti sul divano.
- Integrazione zuccherina
Sotto sforzo è utile assumere zuccheri disciolti in acqua fino a un massimo di un litro/ora. Invece qualunque cibo solido (le classiche barrette) non solo non apporta energia (essendo richiesto un tempo digestivo tanto più lungo quanto più forte è l’impegno) ma soprattutto rende più difficile l’attività muscolare richiamando sangueverso l’apparato digerente e sottraendolo ai muscoli impegnati nello sforzo. Nel tratto in bici, tra l’altro solitamente il più lungo dei tre, chi pedala è avvantaggiato dal minor impegno cardiaco richiesto ed è possibile anche una minima funzione digestiva. Sono dunque tollerabili anche cibi zuccherini più complessi come i gel, gli sciroppi, il miele; del tutto errata è invece, a mio giudizio, un’alimentazione solida, no dunque al cioccolato, alle barrette complesse, al formaggio. L’utilizzo di carboidrati complessi come pane e marmellata, biscotti secchi, barrette al miele o alla frutta e cereali, gallette di riso deve comunque essere considerato un errore. Accettabile con riserva la frutta disidratata. In sintesi: nella frazione a nuoto non è possibile assumere alcunché, si possono recuperare un po’ di zuccheri nella frazione in bici, nell’ultimo tratto sarà invece possibile solo bere liquidi zuccherini. La necessità di integrazione zuccherina, comunque, è minima in uno sprint, media in un 70.3 e di grandissima importanza in un Ironman.
- Il dopo gara
Quando abbiamo concluso il gesto sportivo ci troviamo in una situazione di svuotamento delle scorte di glicogeno, che vanno rapidamente ricostituite. Non avallo il consumo di alimenti zuccherini, tuttavia se c’è un momento in cui possiamo concederci qualche piccolo stravizio è proprio questo. Una bella cioccolata, specie in inverno, se non troppo zuccherata, può essere un accettabile compromesso. Si vive una volta sola.