Gent. dott. Speciani, pratico triathlon ormai da alcuni anni e ho visto come nel tempo, mangiando quantità adeguate di cibi sani, il mio metabolismo sia cresciuto, e con esso i miei consumi e le mie prestazioni. Mi è dunque chiaro il valore di una buona alimentazione nel supportare allenamenti e gare. Seguendo i suoi consigli però le quantità di alimenti che assumo sono davvero consistenti. Da un lato devo dire che il sistema ha funzionato perfettamente: non ho più un filo di grasso e le prestazioni sono sensibilmente migliorate. Dall’altro devo invece dire che ho qualche difficoltà nel pranzo, dove i tempi per via del mio lavoro sono un po’ ristretti e dove mangiare tutto ciò che dovrei mi riesce talvolta difficile. Se però salto o mangio meno poi ne sento le conseguenze. Ha qualche consiglio da darmi in proposito? Ci terrei a conservare quanto finora compreso e applicato.
Grazie in anticipo.
Walter – Chioggia
Risponde Luca Speciani
I ritmi serrati della vita di oggi non sempre concedono il lusso di poter mangiare con calma, comodamente seduti a un tavolo, masticando correttamente e rilassando il sistema nervoso in modo da lasciare spazio alle funzioni digestive e peristaltiche. Alzarsi di corsa per andare al lavoro, accudire o portare a scuola i ragazzi, non avere orari fissi o pause predeterminate tendono a far mettere all’ultimo posto l’alimentazione, che rappresenta invece un momento centrale dellavita dal punto di vista dell’attivazione ormonale e del ripristino energetico, da cui dipende poi l’equilibrio di tutte le funzioni biologiche. Chi pratica triathlon soffre ancora di più questa “compressione” in quanto deve riuscire a scavare i tempi dell’allenamento (e quelli degli spostamenti relativi, della doccia, del cambiarsi, del preparare la borsa) in mezzo a una griglia prefissata fatta appunto di impegni lavorativi, di studio, di famiglia. La soluzione più semplice che tutti troviamo è quella di mangiare dove capita, quando capita, quel che capita. E non è una buona soluzione. Quando mangiamo in questo modo devastante, in piedi in un bar, in macchina tra un trasferimento e l’altro o anche semplicemente seduti ma con la testa tutta immersa nel prossimo impegno stressante che ci aspetta, rischiamo di vedere vanificati i nostri sforzi verso una corretta alimentazione. Anche disponendo di un tempo adeguato da dedicare al cibo, tuttavia, vi sono altri aspetti che richiedono un po’ di attenzione. Per esempio la lentezza, la tranquillità interiore, il tempo dedicato alla masticazione. Masticare lentamente, per esempio, genera un corretto processo digestivo, limita le risposte allergiche, facilita l’assorbimento dei nutrienti, lascia la mente più lucida. Quello che molti ignorano è che masticare fa anche dimagrire. È stato infatti dimostrato che la masticazione attiva dei recettori dell’istamina nel cervello che inducono un’attivazione metabolica incrementando i consumi. E la fretta? È sempre cattiva consigliera. La digestione è una fun-zione a dominanza parasimpatica. Che in parole semplici significa: se siamo tesi e stressati la digestione si blocca, se siamo tranquilli e rilassati gli alimenti ci nutrono. Ma se la pausa pranzo è ristretta a un tempo minimo, possiamo fare qualcosa? Ormai capita sempre più spesso di non mangiare in casa: il lavoro, la gestione familiare e la pratica sportiva ci portano frequentemente ad avere orari e criteri alimentari diversi da quelli del passato. Spesso anche più sregolati, visto che quando si mangia fuori si ha ben poco controllo su scelta e qualità di ciò che viene offerto. Allora, dobbiamo essere bravi a non cadere nella trappola del “tutto, o niente”, cioè: o riesco a mangiare proprio le mie cose cucinate come dico io, oppure tanto vale chiudere gli occhi e accettare supinamente quel che viene propinato. Esistono delle indicazioni legate al buonsenso ma anche a una corretta composizione dei cibi che, al ristorante o alla tavola calda, o in piccoli pasti preparati da noi stessi e poi sbocconcellati in ufficio o a bordo pista di un campo di atletica o di una piscina, possono aiutarci a mettere insieme un bel pasto, gratificante e completo al tempo stesso. Ricordiamoci per esempio che un piccolo pasto, anche se veloce, dovrebbe prevedere:presenza di frutta/verdura di ogni genere e tipo: carote, finocchi, cetrioli, facili da portare con sé. Per i frutti, d’inverno sono sempre disponibili agrumi, mele e pere, ma anche banane. D’estate la scelta si moltiplica; abbinamento con una scelta proteica (meglio carne, pesce o uova,più raramente affettati e formaggi); la giusta bevanda da affiancare (dissetante, non zuccherata: ideali succhi, spremute, centrifugati); qualche fetta di pane integrale o galletta di riso/mais/farro come fonte di carboidrati; un pizzico di varietà per non appiattirsi nell’ordinario (per esempio un completamento con noci, nocciole, mandorle). Infine, almeno un’occhiata alla qualità dei cibi: mangiare di fretta vuol dire anche non poter scegliere. Nessuno ha detto però che si debba optare per forza per il solito panino bianco con affettati e formaggi, e un po’ di salsine per mandarlo giù. Oppure caffè, cappuccini, brioche. Cibi salati, zuccherati, lievitati, pieni di grassi saturi o di cattiva qualità. La qualità richiede tempo. Non concederlo può significare buttar via un pezzo della nostra salute. In sintesi: serve un minimo di tempo “rilassato” durante il quale nutrirsi. L’allontanamento dei fattori di stress più nocivi e un’adeguata qualità dei nostri cibi sono poi fattori indispensabili alla salute (e spesso al mantenimento di un buon peso forma) sia per l’atleta sia per il sedentario. Non avere tempo per questo non significa, come molti pensano, che siamo un po’ di fretta; significa invece che il nostro tempo è interamente nelle mani di altri piuttosto che nelle nostre. Che è un pò più grave. Si può mangiare bene e sano anche in 20’, ma non “gratis”. Richiede un minimo d’impegno e di pianificazione. Scegliere questa strada può essere un passo importante nella nostra maturità sportiva.