IRONMAN di Vichy, Francia, 31 agosto 2014.
Nel cuore della Francia si trova la città di Vichy. Non tutti sanno che è una delle capitali europee dello sport che pratico con tanta passione: il triathlon. Lì si è svolta una gara Challenge triathlon e, insieme a migliaia di atleti di tutto il mondo, c’ero anch’io, ed è lì che ho corso il mio primo Ironman. Crono 14:20’.
Riguardo la prima prova, sono uscito dall’acqua terz’ultimo, soffrendo per via di una frattura alla clavicola procuratami in un incidente in bici proprio pochi mesi prima. Il secondo ostacolo sono stati i 180 km di bici, ma sono riuscito a tenere una media di 30 all’ora. Terza e ultima prova: la maratona. Ho corso i primi 25 km, tuttavia poi, per l’affaticamento, ho rallentato la corsa con fermate più lunghe ai ristori. È stato uno sforzo quasi sovraumano, ma è con gioia e col cuore pieno di orgoglio che mi dico di essere un finisher, un uomo dalla volontà di ferro, un Ironman.
Il traguardo raggiunto
Il traguardo raggiunto, però, si ottiene con tanto sforzo e allenamento quotidiano: sono diversi anni che pratico il triathlon, anche nei vari campionati italiani. A ottobre 2013 ho iniziato ad aumentare le distanze per allenarmi specificatamente per la gara di Vichy: migliaia di km mi aspettavano da percorrere a nuoto, in bici, a piedi. Gli allenamenti si sono interrotti per un periodo di 40 giorni, a seguito di una caduta in bici, l’incidente di cui ho detto prima, ma ho ripreso da dove avevo lasciato, raddoppiando l’impegno e l’intensità.
Piacere della vita
Tutto ciò non è stato solo uno sforzo ma anche un piacere della vita. Ho cominciato ad amare la corsa, il nuoto e la bici come mai prima: correndo per le capitali europee, nuotando coi delfini, pedalando sotto la neve. Se dovessi dire quale sia stato uno dei momenti più belli della mia esperienza da triatleta sceglierei senz’altro quello vissuto durante una gara di triathlon sprint: i miei figli erano ad aspettarmi all’arrivo e tagliai il traguardo con mia figlia per mano. Un caro saluto a tutti.
Firmato: Paolo Andriollo, un Ironman?