Amari quei sali! L’Antidoping decide le sorti delle due Pro americane del triathlon – Beth Gerdes e Lauren Barnett – scoperte positive all’ostarina, una sostanza anabolizzante vietata. Colpa di sali contaminati?
La positività della Gerdes risale al post vittoria dell’Ironman Australia, nel maggio 2016, e quello della Barnett al mese di luglio dello stesso anno. Comune alle due vicende la sostanza incriminata, l’ostarina, che è tra i modulatori del recettore degli androgeni selettivi (SARM), ed è elencata tra le sostanze anabolizzati sulla lista dei divieti dal 2008. Entrambe le atlete professioniste hanno sempre negato di aver assunto il farmaco consapevolmente, imputando la rispettiva positività all’uso di integratori alimentari contaminati. E la Barnett sarebbe stata in grado di dimostrarlo meglio della Gerdes, fornedone le prove: la sua sospensione, emanata con effetto retroattivo a partire dalla data del test positivo, è stata ridotta a sei mesi e termina in questi giorni, in virtù del fatto che test di laboratorio condotti sugli integratori salini da lei assunti abbiano rilevato tracce della sostanza vietata sia nella bottiglia da lei usata il giorno della prova, sia in un’altra sigillata, di diverso numero di lotto.
La Gerdes, che nel 2015 aveva vinto l’Ironman Switzerland, ed era risultata positiva nel 2016 dopo la vittoria all’Ironman Australia, punta anch’essa il dito contro alcuni integratori. Il suo test non era risultato positivo nelle quattro settimane precedenti alla gara e per questo ha insistito nel dichiarare che la successiva positività potesse essere dipesa da un’ingestione involtaria durante la manifestazione. Tracce della sostanza sono state rilevate in un campione di compresse di sali, ma i risultati non potevano essere confermati in ulteriori test. Pur convenendo sull’ingestione involontaria, la WTC (World Triathlon Corporation) in assenza di risposta definitiva sulla provenienza esatta dell’ostarina, non ha potuto far altro che disporre la sospensione del caso: due anni, come sanzione minima quando non si riesca a dimostrare la provenienza della sostanza – sarebbero stati quattro in caso di comprovata assunzione volontaria. L’approccio sanzionatorio alla contaminazione delle sostanze rimane un argomento spinoso a cavallo tra il rischio di un’eventuale pena anche in assenza di responsabilità e quello di una mancata punizione nel caso di atto volontario. Del resto, come la stessa Gerdes ha scritto nel suo blog, il mestiere del professionista è anche questo: essere responsabili del proprio corpo e di ciò che gli accade, perfino di un’altrui volontà di sabotarci. Tanto più se della nostra. Perchè, diciamocelo, sempre di sabotaggio stiamo parlando…