Sfatiamo i luoghi comuni legati a corsa e triathlon. Nello sport, come nella vita, si hanno convinzioni che, a volte, si rivelano errate.
Abbiamo scelto otto situazioni classiche, spaziando un po’ in tutti i campi, dalla teoria dell’allenamento all’alimentazione, al riscaldamento, alla distribuzione delle energie in gara. Vediamo di entrare nei particolari che legano corsa e triathlon.
1. Corsa e triathlon: il potenziamento muscolare
È uno dei cavalli di battaglia della preparazione invernale. Parlando di atleti che fanno distanze abbastanza lunghe, può valere il concetto che più sono forte, meglio vado? Certo che no! Se forzerò troppo la preparazione sullo sviluppo della forza, andrò fatalmente a perdere in agilità ed elasticità; cambierò anche il mio metabolismo muscolare, abituando i miei muscoli a utilizzare sempre e comunque gli zuccheri, quindi la cosiddetta benzina pregiata, anche a un basso regime di giri, aumentando in negativo il costo energetico della corsa. Quindi sì al potenziamento, ma purché sia specifico per la distanza che si deve correre.
2. Più corro più perdo velocità
Non è assolutamente vero. O meglio, sarà vero solo se parallelamente non si fanno i vari tipi di esercitazioni elastiche o del potenziamento mirato, oltre alla tecnica di corsa, soprattutto mirando a gestire al meglio i concetti di ampiezza e frequenza del passo. A parte queste precisazioni, spesso avviene esattamente il contrario, e cioè: più chilometri vengono fatti durante la stagione invernale, maggiore sarà la base organica e muscolare su cui si potranno sviluppare i vari lavori lattacidi durante la successiva primavera-estate.
L’esempio più calzante è quello di Francesco Arese, ex presidente della Fidal. Nel 1971, l’anno in cui vinse a Helsinki il titolo europeo sui 1.500 m, durante l’inverno, arrivò in diverse occasioni a correre anche 35/40 km al giorno insieme ai maratoneti, poi, durante la successiva stagione in pista, prima fece il record nazionale sui 10.000, poi quello sui 5.000 e sui 3.000, infine il record dei 1.500 e il suo primato personale (1.46.60) sugli 800 m. Il concetto base rimane quello di saper inserire i lavori giusti nel momento più adatto.
3. Troppo stretching prima delle gare fa male
Non è assolutamente detto, anche se secondo recenti ricerche, alcuni studiosi asseriscono che un muscolo, quanta maggior fatica fa ad allungarsi tanta più energia è in grado di sprigionare in seguito. Da un punto di vista teorico il ragionamento potrebbe stare in piedi, in realtà i relativi rischi di infortuni muscolari sono troppo elevati per prendere alla lettera questa tesi, senza tralasciare la maggiore economia del gesto tecnico e relativo minore consumo energetico. Certamente il tipo e la durata del riscaldamento variano da atleta ad atleta e da distanza a distanza.
[Leggi anche: L’importanza dello stretching, quale e quando]
4. Corsa e triathlon: sudare molto fa dimagrire
Anche se oramai al riguardo tutti dovrebbero avere le idee chiare, è bene ribadire che abbondanti sudate, magari anche frutto del correre fin troppo coperti, porta a un dimagrimento fittizio, perché non avviene a spese della massa grassa corporea sottocutanea, ma solamente per laperdita di sali minerali, di acqua e del glicogeno muscolare. Tutte sostanze che debbono essere assolutamente reintegrate nelle ore successive all’allenamento.
5. La carne dà più energie per la gara successiva
Falso. Non sono certo le proteine a fornire il combustibile necessario ai muscoli per la prestazione, bensì gli zuccheri, vedi la pasta, il pane, il riso e le marmellate in genere. Il menù ideale per il pasto pre-gara, indicato dai vari esperti del settore, prevede un piatto di pasta, patate bollite e una crostata di marmellata.
6. Più carboidrati la sera prima della maratona e meglio andrò in gara
Falso. Potrò aumentare la percentuale di carboidrati da ingerire sino a circa un 20% in più rispetto al solito, ma non oltre, altrimenti in gara prevarrà un senso di appesantimento generale.
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7. Si fa più fatica in salita che in discesa
È tutto relativo. Detto così sembra l’uovo di Colombo. Logico che fare un lavoro muscolare, cioè applicare una forza per effettuare uno spostamento, come per correre in salita invece che in discesa, sia molto più faticoso, in termini energetici. In realtà, la corsa in discesa è molto più penalizzante sotto il profilo muscolare e tendineo. Particolarmente sollecitati sono l’articolazione del ginocchio, il carico funzionale del muscolo quadricipite. Invece nelle fasi di decelerazione viene molto sottoposta a stress anche la schiena, soprattutto a livello lombare e cervicale.
Un consiglio da non perdere in chiave di distribuzione delle forze. Quando si gareggia su tracciati che prevedono salite e discese in rapida successione, affrontare a buon ritmo i tratti in salita e poi non forzare nelle successive discese, sia per recuperare lo sforzo fatto in salita sia per non stressare oltre misura la muscolatura delle gambe. Va da sé che da questo discorso sfugge un eventuale tratto in discesa posto nei pressi del traguardo. A quel punto, più che stare attenti alla distribuzione delle forze, è ora di marcare stretto gli avversari di turno per evitare di farseli scappare via, non avendo poi più tempo e spazio per andare a riprenderli prima della linea d’arrivo.
8. È primavera, via con gli allenamenti in pista
Sembrerebbe scontato che, con la bella stagione, gli atleti inizino un allenamento sistematico in pista. In molti casi questo diventa un grossolano errore di programmazione, soprattutto per gli atleti che sono reduci da una stagione agonistica invernale molto intensa. In questo caso diventa assolutamente prioritario ricostruire una solida piattaforma muscolare e organica ritornando, per almeno un mese, a fare importanti sedute di potenza aerobica, di potenziamento a carico naturale e in palestra, ripristinando anche le classiche salite, corte, medie e lunghe. Solo dopo 30 giorni all’insegna di questi richiami di lavoro invernale si può iniziare con successo ad allenarsi in pista, altrimenti sarà come costruire le fondamenta di un nuovo palazzo sulla sabbia: prima o poi tutto l’edificio crollerà rovinosamente.