Triathlon, chi “si tuffa” in questa nuova avventura, inutile negarlo, punta anche alla… “tartaruga”. Già, ma quanto servono gli addominali? La parola a Matteo Merati
Allenamenti, trasferte, fatica e tante, ma tante, soddisfazioni, compresa un’evoluzione del corpo verso un modello estetico tra i più armonici del mondo sportivo. Alla ricerca di una nuova fisicità? Ecco da cosa partire! Facile, dal fulcro di ogni cosa. Dal centro dell’equilibrio, dal core di ogni attività: la parete addominale, con tutti gli annessi e connessi.
Tartaruga o tenuta?
Cartelloni pubblicitari, immagini legate a profumi più o meno blasonati, attori e anche qualche sportivo non lesinano nel mostrare una parete addominale che presenti un andamento collinare di tutto rispetto. Ma serve? Per la verità gli addominali rappresentano un esempio tipico di muscolatura poco utile, dal punto di vista motorio, ma praticamente indispensabile in relazione alla componente tonica.
Se da una parte, infatti, la flessione del tronco sulla coscia – movimento principe degli addominali più tartarugati – avviene nei gesti quotidiani grazie alla forza di gravità senza praticamente stimolare il suddetto muscolo, dall’altro, la moda del core ha riportato in auge la seconda e più importante funzione degli stessi. Lavorando in modalità tonica – quindi ben poco tartarugabile – consente agli altri segmenti corporei di agire potendo sfruttare una base stabile e in grado di salvaguardare anche la schiena da eventuali errori meccanici o di sovraccarico dovuti ad allenamenti e gare.