Parola all’avvocato sul giusto risarcimento in caso di incidenti stradali su due ruote. Leggi e consigli per non incappare In sfortunate vicende o rimborsi ingiusti.
Dopo la fila indiana e le buche, la quantificazione del danno ai fini risarcitori resta uno dei temi più spinosi legati agli incidenti stradali su due ruote. Partiamo dal concetto primario: ogni bicicletta ha un valore inestimabile per il suo proprietario; è il frutto di sacrifici e spesso anche di litigi in famiglia.
A ogni azione una reazione
Spesso i danni non sono immediatamente visibili come nel caso dei pezzi in carbonio, quindi il verdetto finale sulla rottura o incrinatura della bici, tale da non renderne sicuro l’utilizzo, sta al meccanico. A questo punto, se abbiamo ragione nella dinamica dell’incidente, si apre il capitolo del risarcimento del danno e una serie di trafile burocratiche, perizie, discussioni con il meccanico e l’assicurazione, che talvolta applica i principi del danno auto erroneamente. Problemi superabili con un buon avvocato, sempre che il preventivo non superi il presunto valore di mercato della bicicletta in caso contrario, dalla bocca del perito uscirà una frase orribile: antieconomicità della riparazione. Il concetto, più volte trattato dai giudici, è che un danno andrebbe risarcito per intero, evitando al danneggiato un vantaggio che superi il valore del danno. Un’impresa ardua per giudici e periti, poiché talvolta una riparazione, per quanto costosa, restituisce il mezzo tale e quale a prima dell’incidente, così da raggiungere il vero scopo del risarcimento, la cosiddetta restitutio in integrum. L’obiettivo è proprio questo: eliminare le conseguenze materiali ed economiche dell’incidente, restituendo alla vittima lo stesso bene, con lo stesso valore, prima dell’incidente, come se nulla fosse mai accaduto. Il principio vale anche al contrario: talvolta la sostituzione di un pezzo determina un aumento di valore del mezzo, infrangendo quindi il divieto di ingiusto arricchimento. Nei veicoli a motore la decisione É più semplice, poiché il valore di mercato ufficiale si può agilmente trovare su almanacchi riconosciuti. Nelle biciclette purtroppo il discorso si complica, e non poco non esiste alcun testo di riferimento attendibile. Salvo i listini a nuovo, è molto difficile desumere il prezzo di mercato di una bici da corsa usata; inoltre una corretta quantificazione può trascurare variabili quali il tipo di utilizzo, il chilometraggio e il peso dell’atleta. In parole povere la mia bici potrebbe valere sensibilmente più o meno della bici dell’amico che ne fa un utilizzo diverso.
Che fare?
In caso di antieconomicità della riparazione in passato i giudici erano soliti condannare al risarcimento del danno per equivalente in base al codice civile (ex art.2058) quando il costo di riparazione superava notevolmente il valore del veicolo pre incidente. In alternativa applicavano la reintegrazione in forma specifica, rimettendo il bene esattamente com’era prima del sinistro o riconoscendo al proprietario una somma di denaro pari al costo di riparazione o sostituzione dei pezzi necessari. Negli ultimi anni però questo sistema ha assunto una piega più complessa, poiché alle volte il rimborso comportava un ingiusto vantaggio al danneggiato. Ma se lo scopo del risarcimento è quello di rimettere nel patrimonio del danneggiato ciò che l’evento dannoso gli ha tolto, come ci si pone davanti a un telaio del valore di 4.000 euro da sostituire se la bici, a spanne, è valutata 2.500 euro? Le assicurazioni, in questo caso, non avrebbero alcun dubbio: la riparazione è antieconomica, pertanto riconosco il valore di mercato corrispondente a 2.500 euro. Ma è corretta questa presa di posizione? La discussione sta diventando sempre più ricorrente, quasi quotidiana, con periti e liquidatori ai quali spieghiamo che la bicicletta, specie una specialissima, non segue certamente i canoni risarcitori dei veicoli a motore. Se lo scopo del risarcimento è di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato in assenza dell’avvenuto fatto dannoso, con il solo limite dell’effettiva perdita subita, liquidare 2.500 euro contro i 4,000 necessari per la sostituzione del telaio suona ingiusto. I giudici di merito, quindi, hanno spesso calcolato quel vantaggio detraendolo dalla quantificazione, tenendo conto dell’età del mezzo, dell’usura ed esaminando caso per caso. Così facendo il danneggiato ha la facoltà di scegliere se acquistare una bici di pari valore o se procedere con la sostituzione del telaio, fattura alla mano decurtato del vantaggio. Come al solito, al diritto si deve sempre affiancare la logica.
In altri casi, una volta riparata la bici, sostituiti i pezzi danneggiati ed esibita la fattura, il giudice ha ritenuto corretto liquidare quanto indicato, a prescindere dal valore di mercato della bicicletta ante sinistro, compresa l’Iva.
Qualche consiglio
Per agevolare la giusta quantificazione e non rimanere danneggiati due volte, ecco cinque utili suggerimenti:
- scattate delle fotografie alla bici danneggiata nel dettaglio
- conservate sempre la fattura di acquisto ed esibitela al perito
- predisponete con il meccanico un preventivo minuzioso, che tenga conto della riparazione/sostituzione di ogni singolo pezzo rovinato;
- accertatevi, insieme al meccanico, del valore di mercato della bicicletta tra età, manutenzione e usura; confrontatelo al preventivo di riparazione, così da mostrare al perito l’opportunità di riparare anziché demolire il mezzo;
- interfacciatevi fin dalle prime fasi, con “Zerosbatti” o il vostro legale (possibilmente competente in materia), così da fornire le giuste indicazioni e il materiale all’assicurazione.
Riassumendo
Quando la discussione riguarda l’antieconomicità della riparazione della nostra bicicletta si deve analizzare caso per caso, partendo da due principi:
- Non esiste un valore di mercato delle biciclette ufficiale, pertanto andrà valutato se davvero la riparazione superi notevolmente il valore della stessa ante sinistro; e anche in quel caso andrà valutato se l’effettiva sostituzione del pezzo o riparazione, per quanto costosa, non sia antieconomica.
- In ogni caso, il risarcimento non può portare un vantaggio per il danneggiato, al punto di aumentare il valore del bene danneggiato, perciò nel calcolo finale si terrà conto di questo eventuale incremento, decurtandolo dall’assegno.