Non solo rugby, che del Sudafrica è lo sport nazionale: con Henri Schoeman la “Nazione Arcobaleno” si tinge dei colori del migliore triathlon mondiale
Nessuno avrebbe scommesso un Rand sulla possibilità di vedere Henri Shoeman sul podio olimpico, eppure il giovane sudafricano (classe 1991) su quel podio è salito, terzo dopo i fratelli Brownlee, ma davanti ad affermati campioni come il suo connazionale Richard Murray e lo spagnolo Mario Mola. La sua carriera internazionale inizia nel 2009 con un bronzo ai Campionati Africani Junior, ma la crescita diventa poi difficile a causa di due fratture da stress alle tibie e di un incidente in MTB che ha come conseguenza la frattura di una clavicola. Due anni (2010-2011) di inattività o quasi, per poi ritornare a gareggiare tra alti – conquista con la staffetta del suo paese l’argento ai Giochi del Commonwealth – e bassi, e anche il 2016 non inizia al massimo: è 42esimo ad Abu Dhabi, poi sesto a Cape Town, settimo a Yokohama – risultato con cui conquista la partecipazione a Rio – ottavo a Stoccolma, ma poi è 26esimo e deluso ad Amburgo nell’ultima prestazione prima di Rio. Qualche giorno prima della gara olimpica ha la febbre, la sua partenza è in forse, ma per sua fortuna i medici sudafricani danno l’ok per la partecipazione. Dall’acqua, come sempre gli succede, esce tra i primi; tiene il passo in bici e, contrariamente al solito, gestisce il ritmo nella corsa – sesto tempo assoluto il suo – non permettendo agli inseguitori di rimontare. Da Rio a Cozumel la strada è breve e nella gara finale delle ITU WORLD TRIATHLON SERIES batte tutti: è nata una stella. “Tutto lo devo”, dirà poi, “agli allenamenti fatti nella corsa, il mio punto debole, con sedute finalizzate alla resistenza, che mi hanno portato a correre i 10mila sotto i trenta minuti.”.
Gazzella. E leone allo stesso tempo.
Photo Credit: Delly Carr / International Triathlon Union :: 2016 ITU World Triathlon Grand Final Cozumel