Dopo una gara o un allenamento, subito in doccia?
Uno dei momenti più particolari dopo le sedute di allenamento o dopo un impegno agonistico è certamente rappresentato dal defaticamento; genericamente, fa pensare ai classici 10’ ad andatura blanda dopo essersi tolti gli indumenti sudati e aver indossato la tuta. Sulla sua importanza e gestione non ci sono pareri totalmente concordi.
Quando serve
Di sicuro è importante dopo che si son svolte sedute molto intense di prove ripetute lattacide oppure se si è portata a termine una gara di mezzofondo veloce (800-1.500 m) o anche una gara di corsa su strada su una distanza non superiore a 5 km. Questo perché diventa importante far ritornare poco alla volta tutto quanto l’organismo allo stato di normalità, soprattutto sotto l’aspetto cardiologico, che è stato quello più “violentato” nell’allenamento o nella competizione appena terminati. Però, perché svolga meglio la sua funzione, bisogna che il defaticamento sia praticamente immediato, nel giro di 2 o 3’ dopo l’impegno agonistico o la seduta di allenamento. Non ci sono dubbi che il defaticamento abbia una funzione importante anche dopo una seduta di potenziamento muscolare oppure dopo una serie di prove ripetute corte in salita, in quanto facilita il ritorno venoso. Qualche psicologo dello sport consiglia il defaticamento a quegli atleti che hanno vissuto la gara con troppo stress agonistico e quindi devono in qualche modo far decantare l’eccessiva tensione nervosa.
Quando non serve
In linea di massima quando si è effettuato un allenamento molto lungo o comunque superiore ai 15 km, perché correre ancora finirebbe per svuotare ancora di più le riserve di glicogeno contenute nell’organismo, oppure se ci sono impegni agonistici ravvicinati. Dopo una prova di maratona, anche se si hanno le gambe dure, è forse più consigliabile una camminata che non il classico defaticamento di 5 o 10’ di corsa blanda. Ci sono anche alcuni semplici accorgimenti per utilizzare il defaticamento anche dopo le sedute lunghe. Il primo consiglio è quello di rallentare la velocità di corsa negli ultimi chilometri, per poi eseguire una miniserie di 8-10 allunghi di 100 m ad andatura media con recupero di almeno 60”. A quel punto, anche ulteriori 5-10’ di corsa lenta defaticante possono avere una logica.
Come un allenamento?
In alcuni casi, lo spazio post gara che dovrebbe essere usato per il defaticamento viene invece sfruttato da atleti di alto livello per svolgere un lavoro complementare alla competizione appena portata a termine. Lasse Viren, il grande campione finlandese, 4 ori tra 5.000 e 10.000 m nei Giochi Olimpici di Monaco ’72 e Montreal ’76, dopo l’infortunio subito nel 1980, quasi alla vigilia delle Olimpiadi di Mosca, abbinava gare test sui 5.000 da meno di 14’ a subitanee uscite di fondo di 90’ di corsa in progressione. Nel 2010 ho visto personalmente l’americano Alan Webb, reduce a sua volta da un infortunio muscolare, mettersi a correre una ventina di minuti al ritmo di 3’20”- 3’15” al km dopo aver corso gli 800 m al meeting di Padova e i 1.500 m alla Notturna di Milano. Un sistema per cercare di ritornare nel più breve tempo possibile alla forma ottimale sfruttando tutti i momenti offerti dalla corsa a piedi.
Articolo tratto da Triathlete n. 209 – Aprile 2014