Spazio Aperto: Emozioni di un viaggio

Spazio Aperto: Emozioni di un viaggio

12 Marzo, 2015

FIRENZE, 30/11/14, la mia prima maratona.

Della prima maratona ricorderò la pesantezza degli allenamenti e la leggerezza delle soddisfazioni, la costanza nel portarli avanti e il rigore per concluderli, l’incredulità e la fierezza nel vedere sul cronometro “30 km”, l’agitazione all’avvicinarsi di quel giorno, anzi, “Del Giorno”; la paura di inciampare, di farsi male e rendere tutto quell’impegno vano…
E poi sabato, giorno della partenza, destinazione Firenze, è arrivato. Incredibile, domani la maratona. Sarà il giorno della scoperta, della verifica, della rivalsa, della rinascita da condividere con le persone che hanno faticato e gioito per mesi con me, tutti con uno scopo comune, tutti per arrivare lì insieme. Non esiste più niente, solo noi e il viaggio lungo 42 km che sta per iniziare. Siamo in griglia. Ci speravo ma non ci credevo. Sono con i miei amici, i nostri sguardi s’incrociano, siamo sul punto di arrivo di un lungo cammino insieme. Lo start. Siamo travolti dai corridori più competitivi, calci nelle caviglie, gomitate, insulti vari. Cerco solo di non cadere, non adesso, devo passare indenne attraverso tutti i pericoli fisici e psicologici finché non ho finito di correre. Della prima maratona ricorderò i chilometri percorsi insieme, in gruppo proprio come in allenamento, con i passi scanditi all’unisono; la tristezza nel rendermi conto che a un certo momento il ritmo cambia: c’è chi rimane indietro e chi va avanti; in tutti, però, il desiderio di ritrovarsi alla fine del viaggio. Della prima maratona ricorderò l’immensa gioia e l’infinito bene che mi ha fatto vedere lungo il percorso, puntuale ogni 10 km, un grande amico che ci incitava con tutto il fiato che aveva in gola e con l’entusiasmo di chi è totalmente coinvolto. Siamo quasi alla fine del viaggio, ma ancora mi tengo. La mia amica Stefania mi rassicura: «Sandrine, mancano solo 2 km, cosa vuoi che ci succeda ormai?». Il buco nero nel quale mi ero buttata comincia a illuminarsi. Diamo fondo alle nostre forze, adesso deve finire. Arco di arrivo. Stè prende la mia mano, facciamo l’aereoplanino, speriamo che ci facciano belle foto. Cadiamo nelle braccia l’una dell’altra, un fiume di lacrime e di emozione… Di questa mia prima maratona ricorderò la gioia infinita dell’arrivo e l’infinita tristezza quando sembrava che alcuni nostri compagni di allenamento fossero rimasti indietro e che, anzi, avessero abbandonato; poi di nuovo gioia nel vedere che, invece, tutti siamo arrivati, il gruppo di nuovo unito, tutti insieme a festeggiare.
L’obiettivo che pensavo irraggiungibile è stato conquistato. Si leggono tante frasi lungo il percorso della maratona, ma questa è quella che rimarrà di più nella mia memoria: “Non voglio essere normale, preferisco essere felice”. (Nda: Prossimo obiettivo un triathlon?).

 

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