Ce ne accorgiamo di solito durante una corsa lunga a ritmo lento. L’iperpressione tra rotula e femore è un tipo di usura fisiologico, ma se si accentua può trasformare la nostra passione in un calvario
Quando corriamo, nel momento di impatto del piede con il terreno il quadricipite si contrae per favorire l’azione di sostentamento del peso del corpo: la rotula, durante il movimento deambulatorio, scivola nella gola intercondiloidea permettendo il movimento flessorio del ginocchio e la propulsione in avanti del corpo. Non solo: scivolando sui condili, la rotula esercita su di essi una pressione che dovrebbe essere distribuita in modo omogeneo. La ripetitività del gesto motorio nella corsa fa sì che qualsiasi alterazione di questi rapporti articolari possa provocare nel tempo fenomeni di usura, perché le forze che si esercitano tra le due parti sono di notevole entità. Con il termine “usura” si indica un alterato consumo del tessuto cartilagineo che riveste i capi articolari e che si può verificare a carico della rotula, ma anche del femore.
- Le cause
A un consumo precoce dei capi articolari possono contribuire:
– l’alterata anatomia della gola intercondiloidea con una prevalenza di pressione esterna da parte della rotula;
– la tendenza all’intrarotazione tibiale, conseguenza di un appoggio del piede poco corretto, che porta a una pressione anomala tra rotula e femore;
– il ginocchio varo con la rotula posizionata in intrarotazione;
– l’alterazione anatomica del posizionamento rotuleo con la stessa troppo alta o troppo bassa rispetto alla sua sede fisiologica;
– la presenza di nuclei di ossificazione accessori a livello della stessa rotula;
– gli esiti di lesioni legamentose del ginocchio con lare riferimento al legamento crociato anteriore a creare instabilità;
– gli esiti di fratture rotulee per traumi accidentali.
Vi sono inoltre dei condizionamenti funzionali che possono portare a una precoce usura cartilaginea nei soggetti già predisposti: la corsa collinare, ad esempio, con particolare riferimento alla corsa in discesa, può impegnare non poco le strutture sopra descritte. Anche altre situazioni tecniche, come la corsa a ostacoli o i salti, creano sovraccarico; in ogni caso, perché una forma patologica faccia il suo corso, siamo solitamente in presenza di una o più condizioni tra quelle sopra elencate.
- L’evoluzione
I segni clinici legati al dolore possono diventare manifesti quando vi è già una compromissione del tessuto cartilagineo; in chi corre la comparsa del sintomo è spesso legata a una prestazione di corsa prolungata a ritmi lenti, dove possono essere esaltati i problemi di natura biomeccanica. La risonanza magnetica può evidenziare l’usura e l’esatta sede anatomica della stessa, mentre la TAC può fornire una rappresentazione più accurata dei rapporti articolari. L’evoluzione di questo tipo di usura è comunque molto lento e da un punto di vista sintomatologico sono frequenti alti e bassi legati spesso alla tipologia dell’allenamento.
- Le terapie
L’utilizzo dell’acido ialuronico per via infiltrativa intrarticolare ha portato benefici da un punto di vista terapeutico, giovando non poco anche sulla sintomatologia. Gli effetti di questo tipo di trattamento sono riscontrabilisia come una sorta di condroprotezione sia in relazione a un implemento dello stimolo rigenerativo. Il limite di tale terapia riguarda le cause scatenanti che, quando sono di carattere morfostrutturale, difficilmente potranno essere rimosse, per cui l’effetto terapeutico risulterà limitato nel tempo. Per quanto riguarda la possibilità di condizionare le alterazioni biomeccaniche del gesto motorio, l’ortesi plantare può essere considerata un valido ausilio: il suo compito principale sarà quello di controllare i movimenti torsionali della tibia e di conseguenza del ginocchio, togliendo parte dello stress legato alla dinamica della corsa.
- Il futuro nel sangue
Nuove frontiere terapeutiche sono legate all’utilizzo dei fattori di crescita, ovvero le proteine contenute nelle piastrine del sangue deputate a stimolare la crescita cellulare. La tecnica di applicazione risulta essere sempre di tipo infiltrativo-intrarticolare, dopo che il proprio sangue è stato centrifugato e le piastrine sono state separate dal resto degli emocomponenti. Dobbiamo sempre ricordare che le possibilità di successo terapeutico sono legate al grado di involuzione dei tessuti e che laddove ci sono dei segni di importante usura può essere necessario valutare anche le possibilità di tipo chirurgico, come il release del legamento alare o il riposizionamento rotuleo con lo spostamento dell’inserzione distale dello stesso tendine.
VOCABOLARIO
Condilo. È una protuberanza arrotondata all’estremità di un osso, che permette a quest’ultimo di articolarsi con la concavità dell’articolazione opposta. Oltre a quelli laterale e mediale del femore, nel corpo umano incontriamo condili: mandibolare, occipitale, laterale e mediale della tibia, laterale del metatarso.
Condroprotezione. Protezione del tessuto cartilagineo.
Gola intercondiloidea. Avvallamento anatomico tra i due condili del femore.
Intrarotazione tibiale. Rotazione della tibia verso l’interno nella fase di appoggio del piede.
Legamento alare. Fa parte del gruppo di legamenti e tendini incaricati di rinforzare il ginocchio. Il legamento alare laterale è posizionato nella parte esterna, il legamento alare mediale nella parte interna, il legamento rotuleo nella parte anteriore e in basso, il tendine quadricipite nella parte anteriore e in alto.
Release del legamento alare. Detensione del legamento alare.
Via infiltrativa intrarticolare. Infiltrazione del medicamento direttamente nell’articolazione.