Le scarpe da running, inseparabili compagne
Quando si parla di allenamento, non bisogna mai perdere di vista la durata dei materiali: da essi dipendono non solo le prestazioni, ma la capacità di tenere lontani problemi muscolari e tendinei. In modo particolare, la scarpa da corsa è un oggetto talmente difficile da valutare che spesso gli atleti meno attenti ne carpiscono in maniera superficiale dettagli, caratteristiche e parametri che sono alla base delle classificazioni proposte. Sembra proprio che l’estrema varietà dei piedi dei triatleti non consenta nessun giudizio oggettivo, almeno per quanto riguarda scarpe di qualità medio-alta: alla fine il fattore più importante è sempre l’adattamento di queste al piede del singolo, ovviamente dal punto di vista dinamico (cioè durante la corsa), se però si restringe il campo di giudizio (non sulla scarpa in generale, ma su una sua caratteristica), la situazione migliora ed è possibile avere qualche dato generale.
Distanza critica
La caratteristica dove in genere una gran parte degli “addetti ai lavori” si trova concorde (nel senso che le differenze di giudizio sono di piccola entità) è la durata. Le scarpe da running non sono eterne, anche se molti sportivi le ritengono tali solo “perché non si rompono”. Mediando i consigli degli esperti, si può sostenere che la relazione tra durata di una scarpa e la sua tipologia sia attualmente la seguente:
• A1 – da 200 a 400 km
• A2 – da 500 a 700 km
• A3/A4 – da 500 a 1.000 km
Quindi, la durata di una scarpa da running non può superare i 1.000 km. Questa distanza si può convenzionalmente assumere come distanza critica: è una distanza massima, che può ulteriormente diminuire in particolari circostanze.
Come sono fatte
Tomaia, suola, intersuola – I sistemi di ammortizzamento e i materiali impiegati dalle aziende leader permettono oggi di dire che se uno dei tre componenti esterni della scarpa si degrada troppo presto, il modello è decisamente sbagliato per il runner. In altri termini, se la tomaia si fora, se dopo 100- 200 km l’intersuola non è più reattiva o se il battistrada è decisamente usurato prima della distanza critica, bisogna probabilmente rivolgersi a un altro tipo di scarpa.
Clima
I materiali con cui sono costruite le scarpe possono essere meccanicamente molto resistenti, ma termicamente lasciano un po’ a desiderare. Il poliuretano è sensibile alle basse temperature, mentre il gel alle alte. Idealmente la temperatura della scarpa dovrebbe stare tra i 5 e i 25°C, ma anche se il runner osserva questo intervallo, non si può essere certi che lo stoccaggio nei magazzini prima della vendita non abbia fatto danni. Per questo motivo vecchi modelli dati in offerta possono essere molto più “rischiosi” di modelli appena usciti sul mercato.
Lavaggio e asciugatura
L’impiego della scarpa d’inverno o d’estate in genere non è particolarmente stressante perché raramente si corre con temperature veramente critiche (sotto zero o sopra i 35 °C); di solito è più stressante il lavaggio in lavatrice (anche a 30 °C) e la successiva asciugatura vicino a fonti di calore non sufficientemente schermate. Le scarpe andrebbero lavate con acqua fredda, a mano e fatte asciugare a temperatura ambiente, semmai in luogo ventilato.
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